Punto di incontro dell'Associazione FJR1300 Club Italia

Benvenuti in Islanda



Premessa

L'Islanda, terra del ghiaccio e del fuoco, così fredda, piovosa e lontana da rimanere fuori delle usuali mete turistiche, smuove gli istinti avventurosi dei fuoristradisti più estremi e spaventa il turista stradale più audace.
Il nostro viaggio attraverso questa terra, durato solo 7 giorni in cui abbiamo percorso  2052 km, ci ha mostrato qualcosa di profondamente diverso ed entusiasmante che porteremo nei nostri occhi e nei nostri cuori per molto tempo.
L'Islanda è un paese che offre tantissimo e che sa entrarti dentro lasciando un segno profondo ed indelebile. La sensazione di trovarsi su una terra viva, di essere un minuscolo essere in balia della potenza della natura qui è fortissima e permette di ritrovare la giusta proporzione di se.

Il viaggio è molto diverso dalla più "classica" meta di Caponord, a partire dalla lunga traversata in nave, dalla magnificenza e variabilità dei paesaggi e dalle mille escursioni "extra-motociclistiche" che sa offrire ai suoi visitatori.

Dopo quasi 2000 km di autostrada e tre giorni di viaggio arriviamo a Hirtshals puntuali per l'appuntamento con il traghetto. Ci aspettano 2 giorni di nave, ma soprattutto una fila interminabile di auto fuoristrada, alcune attrezzate da raid estremo e dotate di inquietanti adesivi dei deserti Africani. La presenza di BMW GS è massiccia. Anche un gruppo di 4 vespisti italiani "OverLando" è arrivato con gomme rigorosamente tassellate.
Siamo praticamente solo noi con le nostre FJR: Otto e Patty, FJRobert58, Gian e Cetty. Gomme stradali: abbiamo forse sbagliato meta?
Una volta caricate e fissate le moto sulla nave la nostra avventura può avere inizio!

     


Giovedì 4 Agosto
-L'arrivo-
La Norrona arriva a Seydisfjordur puntualissima. In Islanda vige un fuso orario di -2 ore rispetto all'Italia e -1 rispetto alle isole Faroer, di cui bandiera batte la compagnia Smyril Line, per cui appena messe le ruote a terra dobbiamo subito spostare l'orologio indietro di un'ora, il che fa dell'arrivo le 7 del mattino. La temperatura è molto fresca, ci sono circa 6 gradi, e la luce filtrata attraverso una fitta nebbia che parte pochi metri sopra le nostre teste rende il paesaggio decisamente autunnale, ma almeno non piove.
Percorriamo i primi 20 km che ci separano da Egilsstadir per acclimatarci e realizzare che finalmente, dopo 5 giorni di viaggio, siamo arrivati in Islanda! La strada sale subito per la montagna, lenta ma inesorabile. Apprezziamo la pavimentazione perfetta, molto migliore della maggioranza delle strade Italiane. Nel giro di poco ci troviamo sopra la nebbia, cielo nuvoloso ma non minaccioso, intorno acqua dappertutto ed in tutte le forme: ruscelli, cascate, laghetti, ampi sprazzi di neve. Non un albero: rocce, ovunque non ci sia acqua.
Lo scenario si presenta subito marziano ai nostri occhi e lo stupore, che non ci abbandonerà mai per tutto il viaggio, è generale.
Scendiamo dal crinale opposto e arriviamo in paese, dove subito ci fermiamo ad un bancomat per prelevare qualche soldo. In Islanda si paga con carta di credito anche un semplice caffè nel più sperduto paesino dell'interno, ma qualche soldo contante può essere utile.
La nostra prima tappa prevede di percorrere la regione Nord Orientale fino a Husavik, capitale del "whale watching" (avvistamento balene) per un totale di 340 km.
Ripartiti da Egilsstadir sulla strada Nr.1 l'anello di circa 1300 km che gira tutta l'isola, detto anche "Ring". La strada sale e ci ritroviamo molto presto immersi nuovamente nella nebbia. I nostri primi km saranno i più freddi di tutto il viaggio, con una temperatura di circa 6 gradi e una umidità del 100%. Velocità di crociera intorno ai 90 km/h, limite massimo previsto per le strade extraurbane.
Ci fermiamo per una sosta in un "cafè" dove troviamo torte fatte in casa ed un caffè caldo, in uno stanzone con corna, fotografie e "mezzibusti" di renne appesi alle pareti. Ci rendiamo presto conto che i prezzi per il cibo sono simili a quelli italiani, ed anche inferiori.
Siamo sicuramente più rumorosi della popolazione locale, che risulta molto schiva e "diffidente" ma che, se interrogata, risponde in un inglese sicuramente migliore del nostro!.
La nebbia sembra non voler mollare.  

-Le strade-
La carta stradale (Reise know how, scala 1:425.000) ci segnala che troveremo presto un breve tratto non asfaltato e ci prepariamo al peggio... che fortunatamente non arriverà quasi mai. Le strade possono essere classificate nella pratica in quattro modi: principale (la 1), con ottimo asfalto e ben manutenuta, troveremo pochissimo sterrato (vedi oltre); secondarie, asfaltate, più strette ma comunque in buono se non ottimo stato; sterrato leggero, molto ben livellato, poche buche e poca ghiaia, percorribile molto bene con moto come la nostra; fuoristrada (indicati con F prima del numero della strada), con buche, sassi e guadi, impossibili da percorrere con le nostre moto e se non debitamente attrezzati per il fuoristrada.
La benzina in Islanda costa circa come in Italia e si trova abbastanza facilmente sul Ring. A distributori di una sola pompa e decisamente "malconci" si alternano stazioni di servizio molto grandi, con veri e propri ristoranti e piccoli supermercati. I più diffusi sono quelli della catena "N1".

   

 

 -Dettifoss-
Proseguendo sulla 1 la strada inizia a scendere e la nebbia finalmente scompare, lasciando spazio ad un cielo parzialmente nuvoloso che di lì a poco andrà ad aprirsi in un bel sole.
Con l'andare della nebbia arriva il vento, una costante in Islanda, e la temperatura sale fino intorno ai 12-14 gradi, un valore che ci accompagnerà per quasi tutto il viaggio.
Il paesaggio che ci si presenta davanti ai nostri occhi è un incredibile deserto di roccia che sembra estendersi fino all'orizzonte. Il paesaggio surreale, di una bellezza difficile da descrivere, viene presto interrotto da un fiume impetuoso di un colore scuro: è il Jokulsà à Fjollum che 20 km  più a nord ha scavato un canyon in cui si getta. Qui prende il nome di Dettifoss una ponte cascata, la più potente d'Europa. Per raggiungerla deviamo dalla 1 e percorriamo la 862 fino ad un ampio parcheggio, dove lasciamo le moto. Per raggiungere la cascata occorre scarpinare 10 minuti attraverso gole millenarie scavate nel basalto.
Quello che ci si para davanti,  è di una bellezza senza pari. Una cascata nera che sembra investirti direttamente fra mille spruzzi e arcobaleni disegnati dai raggi del sole. La contemplazione sa quasi di mistico. Risaliamo il corso del fiume fino a SellFoss, una seconda cascata dal fronte molto più ampio e pertanto apparentemente meno impetuosa della prima ma comunque impressionante per dimensioni e maestosità. E' ancora metà mattina quando ritorniamo sulla 1 direzione ovest, verso il lago Myvatn.

-Namafjall-
Nei pressi della strada iniziamo presto a vedere levarsi del fumo bianco. Abbiamo percorso solo 19 km e siamo ancora fermi: siamo arrivati a Namafjall, un campo di solfatare dove l'acqua, mista a zolfo, gorgoglia in mille pozze simili a jacuzzi di disparate dimensioni e dove camini naturali rilasciano enormi quantità di vapore, ai piedi di un piccolo vulcano. Nell'aria l'odore di zolfo, intorno deserto di lava, alle spalle montagne nere di lava. Sembra di essere all'ingresso dell'inferno, ma che meraviglia!
Il meteo nel frattempo si è fatto davvero bello. 

-Lago Myvatn-
La strada sale sul fianco del vulcano, come una sinuosa lingua nera sulle rocce, regalandoci una vista mozzafiato del lago che si cela dall'altra parte. Scendendo decidiamo di fermarci a mangiare a Reykjahlio, il minuscolo paese che incontriamo sulla strada. E' anche ora di fare il nostro primo pieno di benzina.
Nel piccolo ristornate che troviamo ad un passo dalle sponde del lago mangiamo più che discretamente.
Una delle più belle sorprese rispetto a quanto indicato dalle guide è che in Islanda si mangia davvero bene ed a prezzi accettabilissimi sia pesce che carne. Particolarmente apprezzabili sono le zuppe, fra cui la loro più comune è verdure ed agnello, oppure una discreta crema di cavolfiore.
Ripartiamo sotto un cielo che si sta annuvolando, ma ancora lontano dall'essere minaccioso. Dopo pochi minuti siamo ancora fermi per una sosta fotografica a Dimmuborgir, un cratere vulcanico in cui si può passeggiare liberamente. Qui compriamo la nostra mascotte per il viaggio, un peluche di Puffin (pulcinella di mare), uno dei simboli della natura artica dell'Isola.
Percorriamo la 1 fino ad incrociare la 848 che presa in direzione nord ci permette di completare la circumnavigazione del lago. Qui troviamo piccoli crateri vulcanici e colonie di decine di specie di uccelli diversi, ma dei milioni di moscerini di cui abbiamo tanto sentito parlare, forse complice il vento, nessuna traccia.
Viaggiando lentamente, in totale relax, sembra di essere in poltrona e vedere scorrere un documentario naturalistico tutto intorno. 

-Husavik-
Dalla 848 ci immettiamo sulla 87, sempre proseguendo verso Nord, destinazione Husavik. La mappa ci indica la presenza di uno sterrato di circa 20km. Questa volta lo sterrato c'è davvero, ma è molto buono, tanto da riuscire a mantenere i 50 km/h in tutta sicurezza. Arriviamo in paese che inizia a piovigginare. La guesthouse "Arbol" che abbiamo prenotato si trova proprio al centro del paese, a due passi dalla chiesetta e dal bel porticciolo. E' gestita da una bella signora, un po' avanti con l'età e dal fare militaresco. Appena arrivati, stanchi e carichi delle borse appena scaricate dalle moto, ci accoglie con un dispotico "toglietevi gli scarponi' (scopriremo poi essere un'usanza in tutte le case Islandesi), frase su cui ci scherzeremo e rideremo su per buona parte del resto del viaggio.
Husavik è il più bello tra i piccoli paesi di mare che abbiamo avuto modo di visitare. Complice il porticciolo con le casette in legno, i velieri della "North Sailing", la compagnia storica che organizza escursioni per l'avvistamento delle balene, e il vecchio magazzino portuale trasformato in museo delle balene. Il colpo d'occhio è davvero piacevole. Decidiamo di prenotare l'escursione per il "whale watching" per la mattina seguente, quindi cerchiamo un ristorantino in cui mangiare.
Il paese offre diverse scelte (cosa che scopriremo essere non frequente per paesi di queste dimensioni!) ed optiamo per un posticino in fondo al porto, con 4 tavoli dentro e un piccolo tendone fuori. Piccolo, semplice e casereccio: l'ottimale, tanto da essere frequentato praticamente solo da Italiani e spagnoli (buongustai!).
Qui mangeremo degli spiedini di pesce grigliati ed una zuppa di pesce che posizioneremo in cima alla classifica delle prelibatezze assaggiate, il tutto ad un prezzo di circa 15 euro a testa!
Finiamo la prima giornata che siamo cotti: l'abbiamo iniziata molto presto e abbiamo visitato molti posti, il tutto in un contesto che già inizia a mostrarsi in tutta la sua bellezza. Rispetto al piano di viaggio abbiamo saltato Asbirgy, l'ultima delle bellezze che caratterizzano il "circolo dei diamanti" del nord, in contrapposizione al più famoso "circolo d'oro" ad ovest.  


Venerdì 5 Agosto
La sveglia è fissata presto, la colazione è per le 8 così da imbarcarci al porto.
Ci aspetta una mattinata a "caccia" di balene e Puffin a bordo di un veliero bialbero in legno di rovere, completamente restaurato, dal nome degno del "Signore degli anelli": Hildur. Una vera meraviglia!

     

Le balene non si sono fatte attendere molto, d'altronde vengono a "pascolare" in queste zone tutti gli anni e l'avvistamento è garantito al 99% (altrimenti si viene rimborsati!. Vedere lo sbuffo, l'immensa schiena e poi la coda immergersi è una bella esperienza che vale la pena fare. Lo sballottolamento in balia del mare, non proprio calmo, miete però numerose vittime anche fra i nostri ed è lo scotto da pagare.
L'avvistamento dei puffin avviene in maniera più difficoltosa. Piccoli e velocissimi, si vedono sciamare dalla scogliera (sono più di 250.000!) ma non ci si può avvicinare a sufficienza per un foto, occorrerebbe una macchina fotografica professionale.
Il vento ci regala la possibilità di veleggiare. Per tutti noi è la prima esperienza di navigazione a vela.
Improvvisato mozzo, Gian, insieme ad altri tre volontari, agli ordini del comandante issa le vele. Viene spento il motore, ed il vento da nord ci regala la superba sensazione di volare tra le onde. Un'esperienza travolgente, sopratutto per lo stomaco!
Tornati a terra i più si rifanno con una zuppa, mentre Gian e Roberto si buttano su un più consono fish and chips.
Dopo l'intera mattinata in mare sul veliero, ripartiamo. Il meteo non è bellissimo e minaccia pioggia, che non tarda ad arrivare man mano che ci spostiamo dal mare verso l'interno, percorrendo la 85 direzione sud. Si tratta in realtà di una pioggerella leggera, al punto che decidiamo di non mettere neppure la tuta antiacqua. Tornati sulla strada 1 anzichè dirigersi verso ovest ci dirigiamo verso est per non perderci la vista del Godafoss, cascata di bibliche dimensioni. Quando pensi di aver già visto tutto l'Islanda è in grado di stupirti ancora, offrendo nuovi spunti e situazioni. Godafoss presenta un fronte maestoso e riprende tutti i canoni di una classica cascata da favola. Inoltre si trova praticamente sulla statale. Peccato che non sapendolo ci fidiamo ciecamente del navigatore che ci imbuca in uno sterrato. Nessun problema percorrerlo con le nostre moto, al punto che ci addentriamo di qualche km prima di iniziare ad avere qualche dubbio ed avere conferma dell'errore da una macchina di passaggio fermata sul posto. Errore che ci costa una infangata mostrusa di moto e scarponi (qui solo le foto possono essere esplicative) a cui occorrerà trovare soluzione. Anche in questo caso il buonumore e la voglia di divertirsi ci permettono di riderci sopra, pensando a come la maggioranza dei BMW GS presenti sull'isola avrebbero voluto essere ridotti nelle nostre condizioni!

 

Arriviamo alla vicina Akureyri dalla strada 1, che ci offre scenari fantastici ed una vista sull'Eyjafjorour da mozzare il fiato. 121 i km percorsi nel pomeriggio, sotto una pioggerellina a tratti. In paese troviamo un autolavaggio (qui sono gratuiti) dove diamo una sciacquata alle moto dalle kilate di fango e quindi l'hotel Edda, ricavato nel college delle scuole superiori nei mesi estivi di vacanza degli studenti. Nonostante continui a piovigginare decidiamo di scendere in centro. La cittadina è davvero graziosa ed è a tutti gli effetti la capitale del Nord dell'Islanda. Molto turistica, si trovano qui molti ristoranti e noi optiamo per Bautinn, proprio in centro, ricavato in una delle case più vecchie della città.
Qui mangiamo divinamente prima di rientrare in hotel ancora provati dalla navigazione della mattina. 


Sabato 6 agosto
Mattinata spettacolare! Partiamo da Akureyri con cielo parzialmente nuvoloso, che man mano che procediamo si apre in un azzurro come solo qui al Nord sa essere. La nostra destinazione è Reykjavik ed abbiamo davanti 445 km da percorrere. La strada corre fra vallate glaciali e fiumi che sembrano non finire mai, ai cui margini sorgono fattorie e ampi pascoli dove corrono liberamente centinaia di cavalli. Il vento ci culla, il sole ci scalda lungo le dolci salite e discese. Facciamo sosta caffè a Blonduos, un paesino sperduto sulla costa nord. La temperatura oscilla fra i 13 e i 16 gradi, ma il cielo azzurro e i paesaggi che si aprono alla vista ci mettono di buon umore. Da qui a Bru il mare è sempre sulla destra e soffia un vento impetuoso da Nord che ci fa viaggiare con la moto di traverso per un bel pezzo.
Per pranzo ci fermiamo in una stazione di servizio "N1" a Bru, dove il ristornate offre una fantastica zuppa islandese di agnello e verdure.

   

   

Riprendiamo sulla 1 direzione sud, percorrendo vallate laviche di una bellezza indescrivibile. Sulla strada sono previste alcune soste, nel pomeriggio, ma la prima è inaspettata. Troviamo infatti poco dopo l'intersezione con la strada 60 un cono vulcanico completamente nero, alto un centinaio di metri,  su cui è possibile salire grazie a delle scale in legno per fare una passeggiata. Davvero affascinante essere sulla bocca del vulcano e guardare dentro al cratere!!

   

   

Dopo la passeggiata, sotto un sole cocente, riprendiamo la strada 1 e deviamo quindi sulla 50, direzione Reykholt. Troviamo qui  Deildartunguhver, la sorgente di acqua calda più potente d'Europa, che esce gorgogliando a 100 gradi fra immense sbuffate di vapore e un forte odore di zolfo. Proseguiamo quindi per la 518 e raggiungiamo Hraunfossar e Barnafoss. Quelle che pensavamo essere le "ennesime" cascate sono invece particolarissime. L'acqua scorre infatti dal ghiacciaio per km sotto un campo di lava, per sgorgare lungo le pareti di un canyon in 1000 rivoli. L'effetto mi ha ricordato la parte più alta delle lunghissime fontane della Reggia di Caserta. Davvero spettacolari. Qui come altrove i camminamenti permettono di vedere le cascate da diverse angolazioni fino quasi a toccarle con mano.

   

Da qui attraverso la 50, direzione sud-ovest, rientriamo sulla 1 a Borgarnes per percorre gli ultimi km verso Reykjavik.
Essere nella Capitale il sabato sera è già qualcosa di consigliato dalle guide, ma esserci il w.e. del gay pride non ha prezzo! L'eccentricità di questa città è infatti al massimo, ...ma anche la sporcizia e la confusione...
Scendiamo in centro per cena con un taxi. Rimarremo fino a mezzanotte, giusto il tempo di  renderci conto di come la città si animi la notte del sabato sera.
Rek non offre grandi cose in se, ma la via centrale è un continuo di ristoranti e pub che il sabato sera si animano al punto da poter fare concorrenza alla movida Milanese di Corso Como.
Converremo tutti che l'eccentricità della città, piena di murales, gente alquanto strana e molto disordinata, non la rende il posto più interessante della nazione. Si eleva la modernissima chiesa, il cui mastodontico campanile svetta in cima alla collina rendendolo visibile e riconoscibile da molti km di distanza.

   


Domenica 7 Agosto
Questo giorno passerá alla storia per essere stato il più caldo dell'estate Islandese. 22 gradi all'ombra e oltre 30 percepiti sulla pelle al sole!

In questa fantastica giornata estiva abbiamo pianificato il nostro giro per il "Circolo d'oro", un insieme di attrazioni naturali a est di Reykjavik per terminare quindi alla "Blue Lagoon", il centro termale più famoso d'Islanda.. Km totali: 345.
Partiamo da Rek con le moto scariche, per la prima volta infatti abbiamo la possibilità di dormire due notti nello stesso hotel. L'Artic Confort Hotel è un hotel di periferia, piccolo e piuttosto casereccio. Grandi stanze (con cucina annessa) e parcheggio privato sul retro, complessivamente non gli daremo un voto più alto della sufficienza. Partiamo con qualche nuvola, si tratta di nebbia alta proveniente dal mare. Bastano pochi kilometri per uscire dalla città e trovarsi nuovamente immersi nel "nulla" dei campi di lava e delle brulle montagne nere.
Il sole brilla ora caldo in un cielo azzurro ed i colori attorno assumono colori in alta definizione, con un livello di contrasto ai massimi livelli fra il nero della lava, onnipresente, il verde dei campi e il blu del cielo.  

-Thingvellir-
Seguiamo la strada 36 direzione est ed in breve giungiamo a Thingvellir e alla faglia dell'Almannagja. Parcheggiate le moto ci mettiamo un po' prima di capire che stiamo camminando lungo la faglia che sta spaccando l'Islanda in due parti, dove il continente Europeo e quello Americano si allontanano fino a 18 millimetri l'anno. La spaccatura ha creato qui un pulpito naturale, il Thnigvellir, dove fin dall'antichità si riuniva una sorta di parlamento eletto democraticamente. La vista da qui è fantastica, in quanto nella pianura sottostante i campi di lava si alternano a laghetti e ruscelli, macchie di betulle nane e prati. A sud si estende il lago che dopo la passeggiata (nel frattempo la temperatura è salita tantissimo) costeggiamo seguendo la 361 in direzione sud e poi la 365 (completamente rifatta, ha un tragitto diverso da quello precedente indicato sulla carta) in direzione est. La sensazione di pace e di benessere in questa giornata di sole pervade i nostri stati d'animo.

   

 -Geysir-
Ci immettiamo sulla 37, dove dei lavori in corso, che si protraggono circa 10km, ci rallentano molto. In questo punto la strada è davvero brutta a causa di una ghiaia con sassi molto grossi che gradiamo poco. La strada ci porta a Geysir, dove assistiamo al fenomeno naturale più affascinante fra quelli visti: l'esplosione di un gaiser! Il campo presenta più gaiser, alcuni molto piccoli, il più grande dormiente (sbuffa solo in occasione di terremoti, ed è il secondo più alto al mondo). L'attrazione turistica é data da un gaiser di circa 35 metri, dal nome impronunciabile come molte altre cose qui, che sbuffa ad intervalli regolari ogni 5-10 minuti. Restiamo imbambolati davanti a tale bellezza per quasi un'ora, prima di mangiare qualcosa nel centro turistico posto fronte strada.
Vedere respirare la terra, la bolla che si gonfia e poi esplode con un sordo fragore e la forza dirompente del vapore.... Questo è un gaiser! 

-Gullfoss-
Abbiamo ancora molto da fare, quindi riprendiamo la 37, poi 35 per raggiungere Gullfoss, una stupenda cascata che cade in una profonda gola con un doppio salto posto a 90 gradi uno dall'altro. Per arrivarci la discesa è lunga e la salita successiva, sotto il sole cocente, davvero stancante. Abbiamo già percorso circa 100km, ma ce ne aspettano molti di piú.
Rientriamo percorrendo la 35 in direzione Sellfoss. All'altezza dell'innesto della 36 la nostra attenzione è portata su un cono vulcanico dove diversi turisti si sono fermati. Decidiamo di fermarci anche noi e troviamo l'ennesima sorpresa: il cratere è pieno d'acqua ed è diventato un laghetto! 

-Blue Lagoon-
Arrivati a Selfoss prendiamo la 1 direzione nord ovest, verso Rek. La strada sale lungo le colate laviche in uno scenario surreale. A Rek seguiamo la 41 direzione Keflavik, lungo la penisola, poi seguiamo la 43 verso sud per raggiungere la Laguna Blu a Grindavik.
La Blue Lagoon è un centro termale ubicato nel mezzo di un campo di lava e realizzato con le acque di una centrale geotermica che domina lo sfondo. La struttura in se è molto ben realizzata ma non è nulla più di una piscina calda, fin troppo frequentata dai turisti.
Il colore dell'acqua, in contrasto con il nero della lava, però, è davvero spettacolare.
Restiamo a macerare a mollo nell'acqua calda per un'ora. Rientriamo verso Rek che è ora di cena, abbronzati (!!!) e rilassati dal bagno caldo. Decidiamo di mangiare in città dove parcheggiamo le moto in centro. Rek è una città strana, frequentata da gente strana... Troveremo dei ragazzi seduti sulle moto a farsi fare fotografie, mezzi ubriachi....
Torniamo all'hotel stanchi ma soddisfatti per la bellissima giornata e gli occhi pieni delle meraviglie viste. La fortuna di poter visitare il circolo d'oro in pieno sole è stata davvero grande. 


Lunedì 8 Agosto
Inizia l'esplorazione dell'Islanda del sud. 209 km  lungo la 1, direzione Vik.
La strada percorre in questa zona delle pianure laviche molto antiche, ora pascoli in cui scorrazzano cavalli. Prima sosta caffè a Hella, dove imbuchiamo le cartoline, quindi giù verso sud fino a Seljalandsfoss, visibile fin dalla nr. 1. Questa cascata ha la peculiarità di poterci fare il giro intorno... passandoci dietro grazie ad un camminamento impervio ma ben praticabile.
Da qui parte anche la 249 che diventa poi F249 e porta a Thorsmork, una delle vallate interne, dicono, più belle d'Islanda. Proviamo ad infilarci sulla strada e ci addentriamo per una decina di kilometri. La strada però è troppo brutta, le buche non permettono di superare i 20 km/h e decidiamo di ritornare indietro.... Sarà per la prossima!
Tornati sulla 1 riprendiamo la strada. Arriviamo a Skogafoss per pranzo. La cascata che ci si presenta davanti è davvero imponente. Vista dal basso, sabbia nera e arcobaleni nell'aria, nulla fa rimpiangere di quelle ben più ampie visitate nei giorni scorsi. Una scalinata di 385 gradini permette di raggiungerne la sommità. Prima della scalata, però, servono energie e ci fermiamo al ristorante dell'hotel del paese per una zuppa di pesce fenomenale.
Stiamo arrivando nella zona dei grandi vulcani ubicati sotto i ghiacciai, che si iniziano ad intravedere in lontananza.
Non manca molto a Vik. Sulla strada proviamo a deviare sulla 218 per raggiungere la penisola di Dyrholaey, ma i lavori in corso e lo stato della strada ce lo sconsigliano e rinunciamo nuovamente all'impresa.
Arriviamo a Vik nel tardo pomeriggio, abbiamo tempo per una passeggiata sulle spiagge nere dai riflessi dorati per ammirare il tramonto e i faraglioni (la mano di un troll sorpreso dal sole mentre cerca di portare a terra una nave troppo pesante per lui).
In hotel, un Edda davvero bello e confortevole, troviamo un volantino che invita ad un giro su una "super-jeep" della durata di un'ora per scoprire i dintorni. Visto il costo (20 euro circa a testa) decidiamo di prenotare. Dopocena, il tramonto é ancora nell'aria, ci viene a prendere un furgone della Ford montato su sospensioni e ruote da fuoristrada davvero impressionanti, tanto da renderlo alto al pari di un camion. Ci porta alla scoperta della vecchia strada, attiva fino alla seconda guerra mondiale, percorriamo le spiaggie e si arrampica fino in cima al promontorio, regalandoci una vista mozzafiato sul mare e sull'Eyjafjallajokull, il vulcano dal nome impronunciabile che lo scorso anno ha bloccato i voli di mezza Europa.
Il giro, davvero entusiasmante, ci ha permesso di scambiare qualche parola con un ragazzo del loco, che d'inverno lavora come capo contabile a Rek e d'estate organizza escursioni fuoristrada con il suo "mostro" (www.Katlatrack.is).
Il paesino di Vik è davvero grazioso e la pace e a tranquillità che regnano qui farebbero dimenticare qualsiasi problema...

 

   


Martedì 9 Agosto
Ripartiamo da Vik tenendo la strada 1. Appena usciti dalla città entriamo nelle grandi pianure alluvionali. L'ultima alluvione risale a poco più di un mese fa, quando una eruzione sotto il ghiacciaio ha fatto colare a valle il fango glaciale, che ha spazzato il ponte. Attraversiamo la zona su un ponte in legno tutt'altro che improvvisato. Da qui in avanti la strada sembra tracciata con una riga in un letto nero di un enorme fiume. Attraversiamo centinaia di corsi d'acqua, alcuni piccoli rivoli, altri fiumi impetuosi. In questo paesaggio surreale, che ti fa sentire così piccolo ed impotente al cospetto della natura, abbiamo sulla destra le montagne e le lingue dell'enorme ghiacciaio del Vatnajokull, che ci accompagneranno per i 281 km percorsi nella tappa odierna. Sulla destra, in lontananza, lo scintillare del mare sotto un sole che ancora non decide di lasciarci. L'aria però è fresca, siamo intorno ai 12 gradi, ma quando si passa vicino alle lingue del ghiacciaio sembra di passare davanti ad un frigorifero aperto. La strada prosegue dritta, sempre così uguale ma così diversa. Ti riempie gli occhi, la mente ed il cuore e vorresti che non dovesse finire mai. Raggiungiamo lo Skartafell prima di pranzo. Sulla strada un pilone d'acciaio piegato dalla forza dell'alluvione di qualche anno fa e le foto dei massi di ghiaccio di oltre 2000 tonnellate trascinate dalla furia del fango.
Non ci fermiamo per vedere Svartifoss: la stanchezza cumulata, l'orario non proprio presto, la voglia di arrivare alla Laguna di ghiaccio e la sensazione di trovarsi in un luogo pericoloso (non vera, ma viva) ci suggeriscono di passare oltre. Ci perdiamo una cascata su colonne di basalto che dalle cartoline sembra davvero bella, anche questa sarà per la prossima!

   

 

 -Jokulsarlon-
La laguna di ghiaccio "Jokulsarlon" ci si para davanti quasi all'improvviso. Il ghiacciaio, sullo sfondo, ha scavato ritirandosi un lago, in comunicazione con il mare, profondo oltre 260 metri. All'interno centinaia di iceberg, di dimensioni varie, da una valigia ad un palazzo, fluttuano in balia della corrente e del vento, alimentati periodicamente dal ghiacciaio che mensilmente si sfalda, arretrando di oltre 150 metri all'anno.
Restiamo incantati davanti a questa meraviglia, fino a quando alcune foche in acqua attirano la nostra attenzione e quella dei numerosi turisti.
Sul posto degli enormi mezzi anfibi, dei barconi montati su ruote che si buttano direttamente nell'acqua, organizzano un tour in laguna. Decidiamo di prendervi parte. Il mezzo, davvero bizzarro a vedersi, compie una circumnavigazione della laguna, tenendosi a debita distanza sia dagli iceberg più grandi che dal fronte del ghiacciaio. I primi infatti periodicamente ruotano su se stessi: ogni iceberg  è in precario equilibrio e nello sciogliersi cambiano continuamente posizione.
Il fronte del ghiacciaio, di contro, è in continua evoluzione ed è soggetto ad imprevedibili crolli. Inutile dire che la temperatura dell'acqua non suggerisce di fare un bagno, tanto che ogni barcone é seguito da un gommone di salvataggio e tutti a bordo devono indossare una pettorina salvagente.

-Hofn-
Dopo un veloce pranzo riprendiamo le moto direzione Hofn, la patria delle aragostelle.
Il paese, decisamente più grande di Vik, si trova su una penisola all'interno di una laguna, sullo sfondo l'imponente ghiacciaio. Il paesaggio è davvero bello, la guesthouse dove dormiremo un po' meno: molto spartana!
Scendiamo a piedi al porto dove la guida segnala la presenza di ristoranti a base di aragostelle. Troviamo qui un ristorante fantastico, dove mangiamo per 40 euro a testa un piatto di code di aragostella che ci ricorderemo tutti per molto tempo. La migliore cena della vacanza l'abbiamo fatta qui!
Rientriamo sazi e soddisfatti. La stanchezza del viaggio inizia a farsi sentire, una settimana fra sella, scarpinate e scalate è davvero impegnativa.

   

 


Mercoledì 10 Agosto
L'ultima giornata prevede la scoperta dell'Islanda orientale, per un totale di 311 km.
Partiamo da Hofn con qualche nuvola, che ci abbandonerà presto per lasciare ancora una volta spazio ad un sole fantastico.
La strada qui passa alta sulla costa tagliando a metà le sassaie che ricoprono il fianco delle montagne. La vista è da mozzare il fiato, in basso il mare si infrange in piccole spiagge e faraglioni solitari. L'est dell'Islanda è caratterizzato da ampi fiordi scavati fra alte montagne, nulla a che vedere con quelli norvegesi ma altrettanto belli.
Ci fermiamo per un caffè a Djupivogur, carinissimo paesino di pescatori. A Breidsalsvik lasciamo la 1 (che nel frattempo ci ha regalato l'ultimo sterrato di una decina di kilometri) e prendiamo la 96, fermandoci a Faskruosfjordur per pranzo. Dopo una ricerca di un ristorante finiremo a mangiare alla piccola stazione di servizio del paese. Decidiamo di tagliare l'ultima penisola attraversando il recentissimo tunnel sotto la montagna: risparmieremo 51 km di sterrato a picco sul mare!
Arrivati a Reydarfjordur proseguiamo sulla costa fino a Eskifjordur, spacciato dalla guida come tipico paesino di pescatori ma in realtà non diverso da tutti i paesi precedenti.
Torniamo quindi a Egilsstadir, dove l'Hotel Edda ci aspetta. Per cena raggiungiamo a piedi una Guesthouse poco fuori il paese, dove la guida segnala carne di manzo. Si tratta infatti di una grossa fattoria, dentro l'ambiente è davvero piacevole. La carne... una favola.
Abbiamo chiuso il giro!

   

     

L'Islanda ha superato ampiamente ogni nostra aspettativa. Le condizioni meteorologiche ci hanno permesso di viverla in tutta la sua bellezza, mostrandoci vedute uniche. La mia mente mi ripropone, chiudendo gli occhi, distese laviche a perdita d'occhio, che come torte che cuociono nel forno hanno formato rigonfiamenti e crepe che rendono ogni passaggio impraticabile.
Lasciando l'Islanda la voglia di ritornarci è forte, ma è forte anche la consapevolezza che difficilmente avremo la possibilità di vederla nuovamente in tutto il suo splendore sotto il sole. La fortuna ci ha baciati e ci ha lasciato il ricordo di un viaggio unico.